di Michela Kuan
Perché garantire il pieno rispetto degli animali in
tutto il mondo, è ancora una importante necessità.
FLORA srl è certificata LAV
dal 1998
L’11 marzo 2013 è stata una tappa fondamentale per la ricerca senza vivisezione; infatti in ambito cosmetico nell’Unione Europea è finalmente entrato in vigore in via definitiva il divieto di ogni test su animali. Questo importante traguardo ha rischiato di slittare più volte e dal 2010 la Commissione Europea aveva paventato la possibilità di posticiparlo almeno di altri dieci anni: una prospettiva fortemente osteggiata dall’opinione pubblica, dalle aziende cruelty-free e dalle associazioni animaliste di tutta Europa, tra cui la “European Coalition to end animal experiments” di cui la LAV è membro per l’Italia.
La Direttiva in merito (2003/15) infatti ha visto nel 2013 il divieto assoluto di sperimentazione e importazione di ingredienti e prodotti cosmetici testati su animali. Il divieto di importazione è peraltro un vincolo europeo importantissimo, perché è in grado di influenzare i mercati mondiali e le industrie che vogliono investire nel commercio europeo avendo, quindi, il potere di ridurre la vivisezione anche al di fuori dell’UE.
Una grande vittoria ottenuta anche grazie alla LAV che si è battuta per ottenere questo risultato, per ben 23 anni, cioè dal 1990 quando la Commissione europea annunciò di voler rendere obbligatoria la sperimentazione su animali, addirittura per i prodotti cosmetici (mentre sugli ingredienti lo era dal 1976) a tutela della sicurezza umana.
La vittoria in ambito cosmetico è una pietra miliare nei diritti degli animali e dimostra una svolta nel riconoscimento di una ricerca libera dalla vivisezione, che volendo, si può cambiare anche in tema di vivisezione (gli effetti gravi indesiderati di un cosmetico non possono essere infatti considerati minori rispetto a un mal di pancia dovuto all’utilizzo di un farmaco) ma questo bando nasconde alcune insidie.
Infatti molte materie cosmetiche hanno più ambiti di applicazione e possono essere testate per altri fini come quello chimico e/o quello farmaceutico, inoltre le ditte possono testare fuori
dall’Unione Europea e vendere in Paesi extracomunitari le linee sperimentate su animali.
Per questo rimane importantissimo preferire negli acquisti le sole aziende che aderiscono allo Standard Internazionale “Stop ai test su animali”.
Le aziende che aderiscono hanno fatto da anni una scelta di etica aziendale (in tempi in cui era possibile fare di tutto sugli animali) dimostrando così un sincero impegno per una ricerca pulita e un forte rispetto per gli animali e per i consumatori.
PERCHÈ LE AZIENDE ADERISCONO ANCORA ALLA LAV E SI FANNO CONTROLLARE
Alcune aziende hanno scelto di garantire un impegno etico e di qualità verso i consumatori aderendo allo Standard Internazionale “Stop ai test su animali” controllato in Italia da ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) per la LAV.
Questo è l’unico standard che prevede un attento esame dell’intera filiera di produzione, grazie al controllo dell’Ente indipendente e non basato su un semplice regime auto certificativo come per molte aziende che si dichiarano cruelty-free.
Inoltre, lo Standard prevede in Italia anche una politica sull’origine, almeno per gli ingredienti di origine vegetale. Il logo del coniglietto, riportato nella pagina accanto, è il simbolo con il quale si possono riconoscere le aziende aderenti allo Standard Internazionale di Qualità.
ECCO COME COMPRENDERE ALCUNE IMPORTANTI DICITURE SU UN’ ETICHETTA DI UN PRODOTTO COSMETICO
Stop ai test su animali: unico disciplinare internazionale a garantire che le aziende aderenti non conducono, commissionano o prendono parte ad alcun test su animali né ora, né in futuro.
Clinicamente testato: si riferisce al prodotto finito e indica che è stato oggetto di test su volontari. Tale dicitura non garantisce di per sé, che non siano stati effettuati anche test su animali.
Dermatologicamente testato: si riferisce al prodotto finito e indica che il prodotto è stato oggetto di test dermatologici, ovvero di prove per valutarne gli effetti sulla pelle e quindi la non irritabilità del prodotto. Può essere considerata sinonimo di “clinicamente testato” e non garantisce di per sé che non siano stati effettuati anche test su animali.
Microbiologicamente testato: si riferisce ai controlli che i prodotti cosmetici devono subire in fase di produzione per verificare contaminazioni da parte di funghi e batteri, potenzialmente pericolose per la pelle. Anche tale dicitura non indica che, non siano stati effettuati anche test su animali.
Non testato su animali: dicitura non ufficiale, ma adottata autonomamente dalle aziende.
La legislazione UE prevede la possibilità di apporre simili scritte sui prodotti cosmetici solo se in nessun momento della filiera produttiva si è fatto ricorso a test su animali: ciò può essere verificato solo monitorando tutti i fornitori di materie prime, come prevede lo Standard “Stop ai test su animali.
La sola dicitura “Non testato su animali” è ritenuta dalla Cassazione ingannevole per il consumatore, quindi non applicabile sul prodotto finito, che per legge non può essere più testato su animali.
Cruelty free: la dicitura lascia libera interpretazione in quanto non è specifica all’ambito sperimentale ma può riguardare anche l’origine dei prodotti, come nel caso di cosmetici privi di ingredienti di origine animale.
Il 51% dei farmaci viene ritirato dal commercio per gravi reazioni avverse, centinaia di migliaia di persone muoiono ogni anno per effetti collaterali non diagnosticati su animali. I test su animali sono un paravento giuridico per continuare a mettere in commercio sostanze pericolose, perché per l’industria noi non siamo pazienti da curare, bensì clienti a cui vendere sostanze spesso inutili o dannose.
LOTTA A TUTTI I TEST SU ANIMALI
Al di là del campo cosmetico, nonostante lo scenario scientifico nazionale ed europeo sia sempre più rivolto alla promozione di metodi sostitutivi all’impiego di animali, i numeri legati alla sperimentazione sono ancora tragicamente alti, arrivando a circa 900.000 animali ogni anno utilizzati e uccisi in Italia (fonte Gazzetta Ufficiale n.53 del 5-3-2011) circa 12 milioni nei ventotto Paesi dell’Unione Europea e oltre 115 milioni nel mondo.
Dati, peraltro, fortemente sottostimati.
Fra i 28 Paesi membri dell’Unione Europea, l’Italia è tra i primi posti della triste classifica per numero di animali utilizzati e uccisi per fini scientifici, quinta dopo Francia, Germania,
Inghilterra e Spagna. Sempre più numerose evidenze scientifiche dimostrano la fallacia della sperimentazione animale che, come ogni altra attività umana compresa la ricerca, non può prescindere dall’etica; etica che deve tutelare tutti gli esseri viventi, uomini e animali. Bisogna, infatti, smantellare l’errato stereotipo che è “meglio sacrificare un topo per salvare un bambino”.
I vivisettori spesso ripetono che, se non si sperimentasse sugli animali, bisognerebbe farlo sugli esseri umani: ma questo succede già. In tutto il mondo, compresa l’Italia, le leggi impongono il passaggio sull’uomo dopo i test su animali, prova indiscutibile che non possiamo fidarci dei dati ottenuti negli animali (sperimentazione clinica dei farmaci) perché, se fossero realmente attendibili, si passerebbe direttamente dal modello animale alla commercializzazione.
Dott.ssa Michela Kuan
Responsabile Nazionale Settore Vivisezione – LAV